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LA VIA DI FERRANTE - An Englishman in Tufo

Non è Carlito Brigante ad essere tornato a battere quelle selvagge strade di Harlem, né tantomeno una canzone riadattata da Sting, bensì una conferma di quanto sostenuto da Luigi Pirandello, quel “la realtà supera la fantasia” che ambienta in un remoto villaggio del Mezzogiorno una storia ben più ricca di colpi di scena del celebre “Carlito’s Way” interpretato da Al Pacino.


Ma tra le rocce di Tufo, i vapori della miniera e le acque del fiume Sabato, ci saranno proprio alcune frasi tratte dal film ad accompagnarmi in questa storia alla scoperta di Cantine di Marzo e del suo protagonista Ferrante di Somma, un uomo inseguito dal proprio destino da Londra all'Irpinia: an Englishman in Tufo.

“State tranquilli, ho un cuore che non molla mai! Non sono ancora pronto a fare fagotto.”

2022: La nostra storia, come nella sceneggiatura del film, apre con la scena finale, quella più vicina a noi. Google Maps ci indica questo luogo come “Cantine storiche” e a rappresentarci gli avvenimenti che hanno portato dai Longobardi agli odierni winelovers carovane di appassionati in entrata e vino in uscita c’è lui, un discendente diretto di quei di Marzo che affronteremo lungo il tragitto. Custode di un vino Greco celebrato sin dalle rotte bizantine che raggiungevano Costantinopoli, apre il ventaglio a ciò che prima consideravamo certo ed ora non più. Greco perché proveniente dalla Grecia? Non è detto, alcune testimonianze (fatto salvo l’immancabile Plinio il Vecchio) lascerebbero spazio a un diretto discendente di un misterioso antico autoctono locale a bacca bianca, come dimostrato da alcune menzioni in cui sono citati Greco di Ischia, del Vesuvio o di Nola, in cui quest’ultimo potrebbe essere il clone oggi “domiciliato” a Tufo.

Passiamo poi al territorio: Queste montagne verdi che tanto ci fanno pensare a Marcella Bella e che abbiamo spesso citato come “la verde Irpinia” sono il risultato di un mare evaporato che ha lasciato sul fondo importanti depositi marini e di zolfo. Ma oltre la curiosità e la leggenda, ciò che oggi è insindacabile è lo studio avanzato nel 2016 in prima persona da Sir Ferrante di Somma e l’enologo Vincenzo Mercurio di separazione dei suoi circa 20 ettari vitati, a.k.a. zonazione. Il risultato? Lo ritroveremo nelle etichette, data la distinzione percettibile nei 3 Greco di Tufo DOCG su suoli, esposizioni e tempi di raccolta diversi.


Ma come si è arrivati a ciò? È necessario riavvolgere il nastro, sedersi comodamente sul divano, pigiare PLAY sul telecomando e godersi la storia di Cantine di Marzo dal suo primo episodio.


“Sono completamente riabilitato, riassimilato, rinvigorito e tra poco sarò presto rialloggiato!”

1647: Scipione di Marzo deve aver pensato a questo dopo che il suo territorio aveva subito un tremendo terremoto, sanguinose battaglie e pestilenze. Rifugiatosi a Tufo dall’entroterra napoletano, si deve a lui infatti l’avvio della costruzione del Palazzo e di conseguenza, delle storiche cantine.

“Niente trucchi...questa è pura magia! Dopo aver visto questo tiro penso che cambierete religione”

1866: Ma cosa aveva visto Francesco di Marzo? Dei pastori seduti, in cerchio intenti a trovar riparo e calore attorno a un fuoco. Ma quel fuoco sprigionava un odore particolarmente acre, tanto da insospettire il di Marzo a tal punto da interrompere la caccia ed esaminare quelle pietre. Scoprì così che si trattava di zolfo ed avviò da lì a breve un’importante operazione di estrazione e industrializzazione che, per rimanere in tema vino, dà origine alla tecnica della “zolfatura”, una pratica tutt’ora adoperata in vigna.


“Come fai a fregare le uniche persone che ti hanno voluto bene… dove lo trovi il coraggio?”

1930: Tufo conosce un insolito successo industriale e demografico (specifico per “insolito” il fatto che non ce lo si aspetterebbe a guardarla oggi sulla cartina

geografica), ma l’insidia è dietro l’angolo. Se i di Marzo hanno portato la ferrovia e il commercio, i Capone hanno deciso di fargliela pagare schernendo l’egemonia con le “Miniere la Vittoria”. La diatriba poi, come saremo abituati nel peggior costume dell’Italia moderna, prosegue per lunghe e faticose vie legali, ribaltando il risultato con i di Marzo che restituiscono l’affronto con le “Galleria della riscossa”. Ma il 1930 è anche un anno importantissimo per tracciare l’odierno identikit della Cantina: nasce Filippo di Somma, padre di Ferrante, si introduce l’allevamento a guyot e arriva la fillossera. Sarà la fine o il nuovo inizio delle Cantine di Marzo?


“E così eccomi di nuovo in strada: il ritorno del reduce nel vecchio quartiere. Non è rimasto niente. Come in quei vecchi film di cowboy. Solo che al posto dei cespugli e della merda di vacca qui ci sono carcasse di macchine e merde di cani. Questi giovani io non li riconosco: il mio quartiere non esiste più.”

2019: Siamo davanti a 3 oggetti e 2 soggetti, ovvero: 3 Greco di Tufo DOCG ribattezzati col nome della propria località, l’Englishman di Tufo Ferrante di Somma e l’enologo con le ali Vincenzo Mercurio. 2019 è la stessa annata che racconta 3 vini dalla stessa madre ma separati dalla nascita:

  • Vigna Laure: Il NERD, tipico nordico, precisino e con quel sarcasmo un tantinello acido. In vigna prende molta energia dallo zolfo e si colloca dove i canali di ventilazione soffiano più forti. È un maniaco della pulizia e pretende dalle nostre mani di essere raccolto dopo i suoi due fratelli, ma la pazienza sarà ripagata in persistenza.

  • Vigna Serrone: il VECCHIO RIBELLE, quello con più esperienza e che del passato porta le cicatrici ma anche quell’impagabile esperienza. Le sue imperfezioni col tempo son diventate i suoi tratti distintivi, rendendolo talvolta affascinante. Sicuramente è il più coerente di tutti. Ha intorno a sé qualche vite a tendone e altezze che lo portano a sfiorare i 500 m ma il vecchio ribelle paura non ha, sa ancora affrontare le sfide e porta sempre a termine il suo lavoro.

  • Vigna Ortale: il SOGNATORE, un ragazzo biondo di 20 anni, lunatico che non vuole adattarsi a ciò che intorno lo circonda da sempre senza mutare. È il più gentile al naso, il più balsamico al palato, prende argilla dalla terra e rilascia mente quando lo si oscilla. Vuole un futuro migliore per la sua Tufo, guarda più in là e tende una carezza, pensa sia finito il periodo delle “lame taglienti”.

Tutto questo oggi sopravvive grazie a lui, Ferrante di Somma, rientrato da Londra e poi Parigi per non interrompere quella trama che lega i di Marzo a Tufo dal 1647. Chissà cosa avrà pensato quando è rientrato. Io, citando per l’ultima volta il film, un’idea me la sono fatta:

“Non ci resta più tanto tempo.. Il sogno non diventerà realtà da solo: dobbiamo corrergli dietro, adesso”



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