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L'AMBASCIATORE

Sono figlio di emigranti che dalla città di Giordano Bruno trovarono fortuna nella Stalingrado italiana di Giorgio Bocca a fine anni ’80, ma è dove sono nato il vero mistero: Avellino, una città che, impressa su documenti e ticket che mi hanno accompagnato sempre altrove, non mi aveva ancora conosciuto fino all’arrivo di una pandemia.

Studi in Economia e nel frattempo, penne e calici che ruotavano tra un giro di Walzer a Vienna, una temporada iberica e un giro attorno al sole nella Londra della Brexit e della Regina. Queste le mie residenze all’estero prima del ritorno verso Madre Italia.

Cosa faccio nella vita? Nato in DOCG irpina, discendente dal Lacryma Christi e cresciuto nella Lambrusco Valley… la scelta sembrerebbe alquanto ovvia, ma questo insolito blend mi ha anche reso turbolento e riflessivo, "affinando" a lungo le competenze in materia vitivinicola ed interagendo con altre sfere di influenza, come la scrittura, l'organizzazione di eventi, l'associazionismo e la politica.

Si è ascoltato tanto e si è viaggiato per oltre un decennio tra Cantine, ristoranti e importatori prima di rendere quella propensione all'interazione una virtù e poco alla volta, il proprio marchio di fabbrica. Come nasce il personaggio? “Que vaya el embajador”, ripeteva dall'ufficio un vecchio boss spagnolo quando si riferiva a quel commerciale appena trasferitosi in Andalucia, rientrato da un'esperienza in Ambasciata e di cui apprezzava quei modi diplomatici oltre al vestiario elegante.

Così, L’AMBASCIATORE, è diventato a discapito di incarichi istituzionali il mio nome di battaglia.

Il mio rapporto con il vino? Non provengo da alcuna terza o quarta generazione di viticoltori, né tantomeno a casa mia si è vista mai una particolare attenzione o bottiglia di pregio a tavola. Nonostante ciò, il vino mi ha permesso di individuare una corrente, democratica, fatta di inclusione e di influenze che privilegiano sempre la collettività e l’arricchimento reciproco.

Riprendendo Socrate, questo spazio non nasce per insegnare qualcosa, bensì per non perdere traccia e pensare a quei momenti irripetibili che solo un calice di vino sa costruire intorno a noi, tra le tante vite vissute, la mia, quella insieme a voi e quella che vorrei.

L’AMBASCIATORE non porta pena, ma da bere!

NELLO GATTI

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