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IL GRANDE MATCH: Schioppettino vs. Raboso

Aggiornamento: 4 giu 2023

Il primo scoppietta, il secondo ha rabbia. Non sono pugili perché entrambi sono schierati all’angolo rosso, ma ognuno vuol far prevalere la propria Dinastia a suon di cazzotti e tannino.


Uno discende dall’illustre Impero austro-ungarico, l’altro viaggia sotto lo stemma della Serenissima. Lo Schioppettino sarà rappresentato dalla rivelazione di Prepotto, Spolert, traduzione di una tipica cucina friulana, mentre dalla Laguna tira fuori il blasone il Raboso made in Castello di Roncade.


Chi vincerà? Basterà solamente aver rabbia per potersi aggiudicare il titolo?


Che la sfida abbia inizio, 6 round tra questi due vini davvero furibondi. Battete i guantoni… ehm, i calici, comincia il match!


Round 1 – Geografia

Lo Schioppettino prende la mira dall’alto delle Prealpi Giulie, mentre il Raboso come il Leone di San Marco ruggisce dalle colline del trevigiano, tra pesci di fiume e radicchio. Prepotto si presenta come una vasta area coltivata a vigneto, circondata da Aziende di medie dimensioni ed un’area boschiva che a volte separa ed altre unisce il confine con la Slovenia. Roncade invece si trova in quella vasta regione veneta ad est di Treviso, a metà tra Glera e Merlot, in cui la DOC Piave si è ritagliata il proprio comprensorio per riscoprire l’indomabile veneziano. Ma se geograficamente lo scambio è alla pari, è nella conformazione del terreno il fattore decisivo che porta in vantaggio il Friuli. La “ponca”, the magic soil, è infatti quella conformazione particolare del terreno capace di fungere da spugna o drenante, in base alla disponibilità idrica della pianta. Un impasto misto di marna e arenaria che vince sul ghiaioso Piave. Spolert alza il pugno in cielo, ma siamo solo all’inizio.

Spolert - i vigneti


Round 2 – Storia

Come testimoniano numerosi reperti preistorici, la vite è coltivata attorno alla Laguna da oltre due millenni, ma solo nel primo Novecento avviene la svolta, o meglio, la razionalizzazione grazie agli impulsi degli studiosi della vicina Scuola Enologica di Conegliano, la prima fondata in Italia nel 1876. In Friuli invece, nonostante il dente avvelenato per il Tocai e la “terra di mezzo” che non ha certamente aiutato nel forgiare una promozione dal carattere unitario, il mix culturale ha generato una fascia di “superwhites” tra cui il Picolit, la Malvasia Istriana, la Ribolla Gialla, giusto per non citare nuovamente il morto e risorto Friulano. Ma entriamo nel vivo: il Raboso conosce nel 2012 la DOCG Malanotte prevedendo una parziale disidratazione delle uve, mentre lo Schioppettino non figurava nemmeno nell’elenco delle varietà coltivabili fino a pochi decenni fa, ottenendo solo nel 2008 il riconoscimento di sottozona Prepotto nella DOC Friuli Colli Orientali. Il gong termina con un ruggito, il Leone di Venezia decreta un momentaneo pareggio.

Castello di Roncade - ingresso


Round 3 – Matematica

Con una superficie vitata pari a 155ha lo Schioppettino non punta sulla legge dei grandi numeri, dovendosi scontrare contro una delle Doc più estese dell’Italia settentrionale, la DOC Piave. Passiamo alle date: per quanto incerta sia sempre l’individuazione dell’origine varietale, abbiamo la prova nero su bianco che lo Schioppettino allietava le tavole dell’aristocrazia udinese nel 1282, mentre il Raboso deve prima trasferirsi dalla Germania al suo attuale habitat per trovare traccia nel 1500, citato in una canzone sotto l’alias “vin sgarboso”. Dai numeri passiamo alle stime: nonostante sia impossibile contare i morti per abuso di questi vini, un singolare record è tenuto dallo Schioppettino, in quanto la sua fermentazione spontanea in bottiglia causava lo scoppio della bottiglia (da qui una delle versioni circa l’etimologia del vino) e di conseguenza non pochi casi di cronaca nera. Schioppettino come De Niro, adesso calmati, toro scatenato, il round è tuo!

Spolert - foto con il Titolare Riccardo Caliari


Round 4 – Cantina

Dal suo Castello è indubbiamente il Raboso il più bello del Reame, accudito in un affascinante complesso Rinascimentale. Ma sul lato sentimentale, anche lo Schioppettino tira fuori il suo lato tenero, incoraggiando il veneto Riccardo a lasciare la Toscana per stabilirsi in queste colline tra brina e brezza d’alto Adriatico, facendo di Spolert non solo una vecchia cucina, ma focolare domestico. C’è dell’altro: un progetto di rivitalizzazione territoriale denominata “Enjoy Prepotto”, la produzione di birre artigianali (sul modello Brewdog), un impianto che sarà interamente convertito a biologico nel prossimo anno, anfore in terracotta e vasche in cemento, insomma, non avrà ereditato alcun castello, ma il duro lavoro di Riccardo potrebbe far sorgere anche qui una fortezza dall’alto impatto enogastronomico. Tornando sulle sponde veneziane, il Castello di Roncade segue le vicissitudini locali dalla sua edificazione nel 900 alla fine del 1800, quando la Famiglia Ciani Bassetti ne acquisisce la proprietà. E in tutto questo che ruolo può aver avuto il vino? Sicuramente molto importante visti i circa 110 ha vitati, le antiche botti, senza dimenticare una particolare stanza in cui è custodita la collezione privata di famiglia. Radici ben salde nel territorio ma anche tanti stimoli nuovi a Roncade, come il recente cambio di guardia dell’enologo, l’acquisizione di nuovi strumenti di vinificazione e il riconoscimento SQNPI per la difesa integrata volontaria. Location per eventi, statue lungo il percorso in giardino, aria di nobiltà… impossibilitato dal sentenziare con un “voto 10” come direbbe Borghese, ci limitiamo a favorire un altro punto per il Castello. Spolert non mollare, come Rocky “non ho sentito la campana!”.

Castello di Rocande - bottaia


Round 5 – Etichetta

Peper, elogio al rotundone (molecola responsabile delle note pepate) predominante nello Schioppettino, si presenta su una texture a metà tra il fumetto e l’arte astratta con qualche richiamo alla mitologia. Bottiglia borgognotta, vetro scuro e un’applicazione di gomma lacca dorata. La trovo molto elegante, pesante il giusto per giustificare il fatto che sia un Riserva e una delle tre etichette della linea Premium. Girando l’etichetta ci si sofferma su nuovi elementi stilizzati, così come ad indicare che anche questo vino una volta servito, può affascinare e dare nuove sorprese con lo scorrere delle lancette. Castello di Roncade si palesa invece coerente con ciò che il Casato impone: bordolese nero impenetrabile, una grande raffigurazione dello stemma ed un’elementare scritta ad indicare il tipo di vino. Solo un neo, vista la scarsa manovrabilità nel poter restaurare il brand: nero su nero no! Nasconde la bellezza di un’icona che andrebbe mostrata meglio e, seppur la si voglia far passare per non peccare di narcisismo, ricordiamo che lo scaffale e/o il pubblico tendono a scartare etichette scure e con poche informazioni. Chi l’avrebbe mai detto, il pepe del Peper porta un sussulto in casa friulana, dalla panchina Cesare Maldini incoraggia con il suo “vai Paolino” il compaesano Spolert.

Spolert - etichetta Peper


Round 6 – Analisi gusto/olfattiva

È l’ora della verità, i due contendenti si incontrano nuovamente al centro del ring per il round finale. Parte il Raboso dell’Arnasa 2016 con i suoi 13° e mezzo e 36 mesi in botte di rovere francese a sferrare i primi colpi. Una grande carica di densità e colore per questo “vin da viajo” che già dalla buccia fa capire che è un duro. I suoi colpi fanno tremare la sala. Ma lo Schioppettino non sta a guardare, incassa bene, non si arrende e vende cara la pelle. Anche la sua buccia è spessa, anzi crunchy, e nonostante il tannino soffice, sfugge alla rissa con movimenti fluidi, puntando sulle lunghe distanze e mantenendo in piedi gli aromi, fino alla fine, fermo in posizione come i suoi avi lungo il Piave, il Diavolo veste Spolert. Ma ecco che siamo attratti nuovamente dal Mercante rosso di Venezia, come quello shakespeariano o “il prodigo” di Goldoni, mentre la furia inarrestabile del Raboso, che era stato già selezionato prima in vigna e poi in cinta, trova il varco giusto per cogliere di sorpresa l’avversario, frutto di un 10% di uva surmatura in grado di fornirgli quell’ultima carica sweet & sour sul gong finale. Che emozioni ragazzi, era dal famoso RUMBLE IN THE JUNGLE tra Ali e Foreman che non assistevamo ad un match così entusiasmante!

Castello di Roncade - degustazione Raboso dell'Arnasa


Adrenalina ancora a mille, i due vitigni sono sicuri di aver dato il meglio di sé mentre l’arbitro si posiziona al centro del ring per l’ultima volta e, presi in mano i punteggi, si avvicina al microfono e annuncia:

“Ladies and Gentlemen, sono innanzitutto a congratularmi per lo slogan “vini tradizionali per chi si sente giovane” scelto da Spolert e il modello di enoturismo cui la famiglia Ciani Bassetti è stata tra i pionieri in Italia. Dissipati i rancori tra Serenissima ed Impero Austro-ungarico, sono sicuro quest’incontro darà ad entrambi la maturità necessaria per tutelarsi e diffondere il proprio clone a livello globale, perché ad oggi ben poco rimane del loro candido mantello rosso.


Considerati gli enologi, le proprietà, le centinaia di persone che hanno attraversato il vortice dei secoli in queste vigne ed i due accompagnatori d’eccezione durante le nostre visite, rispettivamente Claudia Scaramella per Spolert e Giulia Filippi per Castello di Roncade, non sono a decretare quest’incontro pari bensì ENTRAMBI VINCITORI!”


Schioppettino, Raboso, sorridete per una volta, avete finalmente capito che “il tempo e la pazienza possono più della rabbia” come diceva Jean de La Fontaine.




dedico questo mio articolo a winescandy e al suo rientro alla vita social, mi sei mancata.

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